IL
CIBO
Negli hospitia, che sorsero a partire dal X secolo per l’accoglienza
ai viandanti, ai poveri e anche ai malati, il cibo non si discostava
molto da quello di cui si potevano nutrire gli indigenti nell’alto
medioevo;
Agli affamati indigenti venivano dati una razione abbondante
di pane e di vino a sufficienza, seguendo il modello, di evidente
significato eucaristico, dell’Ultima Cena. Faceva parte
del prandium, tuttavia, anche il pulmentarium, il cibo più
diffuso tra i contadini e la gente umile del popolo. In origine
esso consisteva in una sorte di “polenta” composta
di cereali minori e cotti (fave, miglio, panico e simili), conditi
con lardo oppure olio. Più tardi, durante il medioevo,
il pulmentarium divenne piuttosto un “minestrone”
di cui facevano parte anche legumi ed altri ingredienti; era ciò
che si trovava normalmente a cuocere anche nel “calderon
d’Altopascio”.
Tuttavia talvolta esso era arricchito con i prodotti provenienti
dalle proprietà terriere della pia istituzione: uva, formaggi,
talvolta carne. Quest’ultima si trovava più spesso
sulla mensa di alcuni ospizi solo a partire dal secolo XIII.
LA
CURA DELL’INFERMO
Per quanto riguarda la cura dell’infermo, nella Regola si
afferma che i medici e i chirurghi dovevano conoscere “le
varietà delli infermi”, dovevano cioè saper
compiere un’accurata ispezione esterna del malato. Dovevano
inoltre effettuare visite ripetute ai ricoverati, una frequentazione
assidua delle affollate corsie, onde poter rilevare anche lievi
modificazioni nell’aspetto generale dei malati, e quindi
saper effettuare l’esame visivo delle urine, che era a quel
tempo l’unico “esame di laboratorio” conosciuto:
da ciò ne emerge la figura morale del medico tratteggiata
secondo connotazioni che rimangono tuttora valide.
La
medicina praticata nello Spedale di Altopascio, basata su un ragionamento
clinico fondato sull’osservazione, sull’analisi e
sull’esperienza, sembra quindi differenziarsi nettamente
dalla medicina medievale contemporanea, la quale aveva abbandonato
l’osservazione diretta dell’ammalato ed era solita
giungere alla diagnosi e alla prognosi attraverso una discussione
filosofica.
Grande importanza venne data alla prevenzione e perciò
particolare attenzione doveva essere dedicata da parte degli infermieri
a rifare i letti al mattino (uno per ogni assistito), all’igiene
del corpo dei ricoverati e ad assisterli e aiutarli in ogni circostanza,
specialmente nel momento dell’assunzione dei cibi e delle
bevande. |